Il 2021 per la “nostra” Brescello rappresenta una ricorrenza molto importante.
Nel 1951, esattamente 70 anni fa, iniziarono le riprese del primo film della saga Guareschiana “Don Camillo” che uscì nelle sale cinematografiche italiane il 15 Marzo 1952.
Come si arrivò alla scelta di Brescello lo abbiamo già spiegato in un articolo uscito in novembre sul nostro blog.
In questo approfondimento vogliamo raccontarvi come si svolsero le riprese, rivelarvi alcuni retroscena e raccontarvi come la cittadinanza di Brescello visse questo evento straordinario per un piccolo paese della bassa degli anni 50.
“Un giorno i miei racconti saranno un vanto per Brescello e per la terra d’Emilia”.
Con questa frase Giovannino Guareschi dimostra ancora una volta, ove ce ne fosse bisogno, la sua lungimiranza.
Ma andiamo per gradi.
BRESCELLO 1950.
La Brescello del dopoguerra era un piccolo paese rurale, dove si parlava quasi solo il dialetto.
Nella primavera del 1951 era stato eletto un sindaco socialista Afro Bettati, che proprio nel 2020 ha compiuto 100 anni, e che rimase in carica fino al 1970, vivendo la sua esperienza da primo cittadino per tutti i 19 anni delle riprese.
In questo scenario, l’arrivo di una troupe cinematografica di quella che era a tutti gli effetti una produzione internazionale, fu una rivoluzione per il piccolo paese della bassa.
Per dimostrare questo entusiasmo inizialmente l’amministrazione comunale, guidata da Bettati, fece affliggere per tutto il paese un manifesto (che potete vedere qui sotto) di benvenuto alla troupe, invitando i concittadini alla partecipazione e all’accoglienza.
Questo entusiasmo della giunta di sinistra però non durò molto perché ben presto iniziò un ostruzionismo nei confronti delle vicende narrate nel film che lo stesso Guareschi descrisse cosi:
“La faccenda dunque, è andata cosi. La centrale comunista di Reggio Emilia si è seccata che a Brescello si girassero gli esterni del film tratto dal Don Camillo e ha cercato di boicottare le riprese, spiegando ai compagni che era peccato mortale partecipare alla “Indegna impresa” anche solo come comparse”.
Fortunatamente tutti sappiamo che quell’ostruzionismo non portò ai risultati sperati e siamo qui a raccontarvi l’inizio di quella produzione cinematografica che cambiò per sempre la storia di Brescello.
INIZIO DELLE RIPRESE.
Le riprese iniziarono ufficialmente il 6 settembre 1951.
I preparativi però, e il clamore portato da questo evento straordinario, si possono leggere nella stampa locale già dai mesi precedenti.
Alleghiamo qui sotto una serie di articoli di giornale comparsi su “La Gazzetta di Reggio“ nei mesi di Agosto e Settembre 1951 nei quali si descrive, quasi quotidianamente, lo stato di avanzamento dei lavori.
Come sapete soprattutto per i primi due film, a Brescello e in alcuni paesini limitrofi, si girarono solo gli esterni mentre le scene degli interni vennero girate successivamente negli studi di Cinecittà.
Nei mesi precedenti al primo ciak Brescello fu teatro di molte “trasformazioni” richieste dal regista Duvivier, tra le quali ricordiamo adattamento del campo sportivo per le riprese della partita tra la Dinamo e la Gagliarda e il protiro della Chiesa di Santa Maria Nascente costruito per le riprese e lasciato in dote dalla produzione alla parrocchia di Brescello alla fine delle riprese dei 5 film.
TESTIMONIANZE E CURIOSITA’.
Molti sono gli aneddoti tramandati da chi ebbe la fortuna di vivere quei mesi magnifici del 1951.
Alcune comparse sono ancora in vita, altre hanno lasciato quelle memorie in eredità ai propri figli e nipoti.
Vi ricordiamo che per la cittadinanza di Brescello la produzione di “Don Camillo” fu una grande opportunità economica perchè le comparse percepivano dalle 800 alle 1500 Lire al giorno.
La prima testimonianza che vogliamo proporvi è quella dello storico sagrestano di Brescello Vittorio Gianelli, che purtroppo oggi non è più con noi, ma che nel 2011 intervistato dall’Avvenire ci regalava alcune fantastiche curiosità:
«Ecco, vede, qui Fernandel si metteva l’abito talare e non se lo toglieva mai per tutta la giornata, fino a quando non terminavano le riprese» racconta. L’attore francese era rispettosissimo anche del vero parroco, don Sante Manfredini che, ricorda il sagrestano, chiamava «mon compar», regalandogli a ogni incontro uno dei suoi irresistibili sorrisi equini. Lo scrutava con attenzione, forse per “rubargli” certi “segreti del mestiere” da usare poi sul set. E lei, Gianelli, partecipò a quel film? «Sì, come mezza Brescello anch’io feci la comparsa perché si prendevano 1.000 lire al giorno, 1.500 se si lavorava di notte. Io suonavo le campane quando mi davano il segnale e portavo messaggi correndo su e giù per il paese».
Molto interessante, per capire l’atmosfera di quell’inizio riprese del 1951, è anche la testimonianza di Ermanno Zanichelli, per decenni cartolaio di Brescello, ma ventenne in quel periodo che, sempre intervistato nel 2011 dall’Avvenire, afferma:
«Pensi che a quell’età non avevo ancora visto il mare… Qui parlavamo tutti solo in dialetto e l’arrivo del cinema è stata una rivoluzione: chi affittava stanze ai tecnici e al personale della casa produttrice (gli attori e il regista andavano a dormire a Parma), chi metteva a disposizione l’orto o il capanno per custodire le attrezzature; giovani e anziani facevano la fila davanti all’ufficio che la Amati-Rizzoli aveva aperto sotto i portici della piazza per reclutare le comparse.
Un nostro concittadino, Spartaco Pellicciani, diventò il factotum del dottor Cocco, l’uomo di fiducia del commendator Rizzoli: a lui bisognava ricorrere per qualsiasi necessità». Duvivier? «Era un pignolo, faceva lavorare la troupe soprattutto tra mezzogiorno e l’una, quando il sole picchiava più forte, per avere più luce». E Fernandel? «Me lo ricordo ancora, tutti i giorni, alla fine delle riprese, andava al bar per farsi un bicchierino di Pernoud, poi saliva insieme alla segretaria sulla sua macchina americana, con tanto di autista in livrea, e se ne andava in albergo».
Quando leggiamo o ascoltiamo questi aneddoti raccontati da chi ha vissuto in prima persona quel periodo ci emozioniamo e pensiamo sempre a quanto sarebbe stato bello vivere quelle atmosfere cosi particolari per l’Italia del dopoguerra.
Abbiamo ancora parecchie testimonianze e sorprese da raccontarvi per celebrare nel modo giusto questo Settantennale, quindi continuate a seguire il nostro Blog, le nostre pagine Facebook e Instagram nelle prossime settimane e nei prossimi mesi!
Il Mondo di Don Camillo.